Consulenza


Consulenza ambientale : Caserta, Napoli, Benevento, Avellino, Salerno
La Consulenza riguarda l'insieme delle problematiche tecniche e normative che interessano le attività produttive e gli enti pubblici relativamente agli aspetti ambientali di sicurezza.
Rivolta alle aziende che desiderano essere supportate e indirizzate verso una corretta gestione delle loro problematiche ambientali, in sintonia con la vigente normativa che è in continua evoluzione.
La ns. azienda si avvale di tecnici esperti e banche dati aggiornate in tempo reale.
La Econsult offre servizi di consulenza integrata seguendo le aziende in tutti gli adempimenti ambientali :
Adempimenti
- Verifiche e Audit Aziendali sulla Gestione dei Rifiuti in conformità alle norme ambientali;
- Compilazione M.U.D. L.70/94 e relativi adempimenti amministrativi e burocratici nuova normativa D.lgs.152/06;
- Consulenza SISTRI Decreto ministeriale 17 dicembre 2009
- Tenuta registri carico e scarico previsti dai Formulari di identificazione dei rifiuti, (D.M. 145 /98, D.M. 148/98 e;
- Indagini tecniche ambientali con valutazioni specifiche;
- Consulenza tecnica e gestionale delle modalità di stoccaggio dei rifiuti presso l'azienda;
- individuazione dei siti regolarmente autorizzati e tecnicamente idonei allo smaltimento o recupero dei residui oggetto di indagine;
- organizzazione logistica dei trasporti e degli smaltimenti
- Studi di fattibilità tecnico-economica
- Corsi di formazione in materia di tutela ambientale e sicurezza del luogo di lavoro
- Autorizzazioni sanitarie
- A.U.A. D.P.R. 13 marzo n.59/2013
Assistenza Tecnico-Legale-Ambientale
Autorizzazione Unica Ambientale (D.P.R. 59/2013)
La Econsult Srl ha attivato la Consulenza completa per l'invio telematico delle istanze al SUAP (Sportello Unico delle Attività Produttive) per il rilascio dell' AUA.
Dal 13 giugno 2013 sono più semplici le autorizzazioni ambientali per le piccole e medie imprese e non solo.
Lo prevede il Dpr 13 marzo 2013, n. 59 che ha introdotto l'Autorizzazione unica ambientale per le piccole e medie imprese e per tutti gli impianti non soggetti alle disposizioni sull'autorizzazione integrata ambientale.
Con la circolare 7 novembre 2013, prot. n. 0049801/Gab il Ministero dell'ambiente ha dettato le prime istruzioni operative, chiarendo i primi dubbi.
Il Capo III del Dpr 59/2013 (articolo 7) si dedica alla semplificazione delle emissioni in atmosfera. Ad essa dedichiamo l'ultimo paragrafo in fondo a questo commento.
Vediamo in dettaglio cosa è l'Autorizzazione unica ambientale, provvedimento destinato a semplificare notevolmente la vita delle piccole imprese e del loro rapporto con la burocrazia, in ossequio ai principi enucleati dal Dl 5/2012, convertito in legge 35/2012 (articolo 23) chiamato a semplificare i rapporti tra cittadino e Amministrazione pubblica.
Cos'è l'Autorizzazione unica ambientale
Si tratta di un provvedimento, emanato da una sola Autorità che sostituisce, ricomprendendole, ben 7 diverse autorizzazioni ambientali che prima l'impresa doveva chiedere separatamente. Le norme regionali possono includere altri atti oltre ai 7 previsti dalla normativa nazionale, amplificando così gli intenti semplificatori previsti dal regolamento.
Chi può richiedere l'AUA
Possono chiedere l'Autorizzazione unica ambientale:
• gli impianti non soggetti alle disposizioni sull'autorizzazione integrata ambientale. Si tratta di un criterio oggettivo: il regolamento sull'Aua si applica a tutti gli impianti non soggetti alle disposizioni in materia di Aia, vale a dire agli impianti non contemplati nell'allegato VIII alla parte seconda del Dlgs 152/2006.
• le piccole e medie imprese (PMI) come individuate dal Dm 18 aprile 2005, articolo 2.
Il Ministero dell'ambiente con circolare 7 novembre 2013, prot. n. 0049801/Gab ha precisato che un impianto produttivo non soggetto ad autorizzazione integrata ambientale è soggetto ad AUA anche se il gestore è una grande impresa.
Dm 18 aprile 2005, articolo 2
"1. La categoria delle microimprese, delle piccole imprese e delle medie imprese (complessivamente definita PMI) è costituita da imprese che:
a) hanno meno di 250 occupati, e
b) hanno un fatturato annuo non superiore a 50 milioni di euro, oppure un totale di bilancio annuo non superiore a 43 milioni di euro.
2. Nell'ambito della categoria delle PMI, si definisce piccola impresa l'impresa che:
a) ha meno di 50 occupati, e
b) ha un fatturato annuo oppure un totale di bilancio annuo non superiore a 10 milioni di euro.
3. Nell'ambito della categoria delle PMI, si definisce microimpresa l'impresa che:
a) ha meno di 10 occupati, e
b) ha un fatturato annuo oppure un totale di bilancio
Le imprese possono autocertificare l'appartenenza alle categorie viste sopra.
A chi si chiede l'AUA
La richiesta di Autorizzazione unica ambientale va fatta allo Sportello unico delle attività produttive (Suap) competente territorialmente. Lo Sportello unico trasmette immediatamente la domanda all'Autorità competente (Provincia o altro Ente individuato dalle Regioni) che gestisce la fase di autorizzazione adottando il provvedimento finale e trasmettendolo al Suap che poi rilascia il titolo.
Quando si chiede l'Autorizzazione unica ambientale
I soggetti gestori degli impianti fanno domanda di AUA se, ai sensi delle vigenti norme di settore sono assoggettati al rilascio, formazione, rinnovo o aggiornamento di almeno uno dei sette titoli abilitativi previsti dal regolamento:
1. autorizzazione agli scarichi (Capo II del Titolo IV della Sezione II della Parte terza del Dlgs 152/2006);
2. comunicazione preventiva di cui all'articolo 112 del Dlgs 152/2006 per l'utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento, delle acque di vegetazione dei frantoi oleari e delle acque reflue provenienti dalle aziende ivi previste (aziende di cui all'articolo 101, comma 7, lettere a), b, c) e piccole aziende agroalimentari);
3. autorizzazione alle emissioni in atmosfera (articolo 269, Dlgs 152/2006);
4. autorizzazione generale in deroga per gli impianti a emissioni scarsamente rilevanti di cui all'articolo 272 del Dlgs 152/2006);
5. comunicazione o nulla osta per le emissioni sonore relativamente alle attività produttive o edilizie ai sensi dell'articolo 8, commi 4 e 6 della legge 26 ottobre 1995, n. 447;
6. autorizzazione all'utilizzo dei fanghi derivanti dal processo di depurazione in agricoltura (articolo 9 del Dlgs 27 gennaio 1992, n. 99);
7. comunicazioni in materia di rifiuti: autosmaltimento rifiuti ed esercizio di operazioni di recupero di rifiuti (pericolosi e non), articoli 215 e 216 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n.152.
Attenzione: le Regioni o Province autonome possono individuare ulteriori comunicazioni, notifiche o autorizzazioni in materia ambientale individuate dalle Regioni e Province autonome.
Con la citata circolare 7 novembre 2013, prot. n. 0049801/Gab il MinAmbiente ha precisato che la richiesta di AUA è sempre obbligatoria alla scadenza del primo dei titoli abilitativi sopra individuati, salvo che ricorra una delle due deroghe:
— l'impianto è soggetto esclusivamente a comunicazione o ad autorizzazione generale alle emissioni (articolo 3, comma 3, Dpr 59/2013);
— il gestore aderisce alle autorizzazioni generali alle emissioni (articolo 7, comma 1, Dpr 59/2013).
Ulteriore precisazione importante fatta dal Ministero è quella per cui se l'impianto è soggetto cumulativamente a comunicazioni e ad autorizzazioni di settore non è corretto ritenere che alla scadenza della prima comunicazione non sia obbligatorio presentare istanza di AUA e che l'interessato possa chiedere il rinnovo della sola comunicazione scaduta.
Le uniche deroghe sono quelle individuate sopra.
Invece, se scade una autorizzazione di carattere generale e l'attività è soggetta anche a titoli abilitativi di carattere autorizzatorio, la normativa non pare precludere al gestore la facoltà di autonoma istanza di adesione all'autorizzazione di carattere generale facendo domanda al Suap.
Infine, se l'attività è soggetta unicamente a più comunicazioni o, congiuntamente, a comunicazioni e autorizzazioni di carattere generale il gestore ha facoltà e non l'obbligo di chiedere l'AUA.
Quando non si può chiedere l'AUA
Abbiamo già specificato come l'AUA sono si applichi a tutti gli impianti soggetti alle disposizioni in materia di Aia, vale a dire agli impianti contemplati nell'allegato VIII alla parte seconda del Dlgs 152/2006.
L'Autorizzazione unica ambientale, inoltre, non si può chiedere se il progetto è sottoposto a valutazione di impatto ambientale (Via) nei casi in cui le norme nazionali o regionali stabiliscono che la Via comprende e sostituisce tutti gli atti di assenso comunque denominati in materia ambientale (articolo 10, Dlgs 152/2006).
Se il progetto è sottoposto a screening (verifica di assoggettabilità a valutazione di impatto ambientale), l'Autorizzazione unica ambientale può essere richiesta solo dopo che l'Autorità competente ha concluso lo screening decidendo che il progetto non va sottoposto a Via. In caso contrario non si può chiedere l'AUA.
Inoltre l'AUA non si applica agli impianti soggetti alla "autorizzazione unica per gli impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti" di cui all'articolo 208 del decreto legislativo 152/2006. La ragione è che tale autorizzazione è già un procedimento unico che sostituisce visti, pareri, autorizzazioni. Quindi, nel caso in cui l'attività di trattamento autorizzata ai sensi dell'articolo 208, DLgs 152/2006 rappresenti un'operazione accessoria nell'ambito di una più ampia attività, l'Aua relativa all'intero stabilimento non potrà assorbire anche l'autorizzazione al trattamento.
Cosa contiene l'AUA
L'Autorizzazione unica ambientale contiene tutti gli elementi previsti dalle norme di settore per le autorizzazioni e gli atti che sostituisce, definendo anche le modalità di autocontrollo individuate dall'Autorità competente tenendo conto delle dimensioni dell'impresa e del settore di attività.
Il procedimento: presentazione della domanda e timing
Alla scadenza del primo titolo (tra i 7 provvedimenti indicati dal regolamento) il soggetto gestore dell'impianto può presentare domanda di Autorizzazione unica ambientale.
A questo proposito il Ministero dell'ambiente con la circolare 7 novembre 2013, prot. n. 0049801/Gab ha precisato che più che rispettare il termine della "scadenza del primo titolo" occorre rispettare i termini previsti dalla disciplina di settore del titolo in scadenza, per beneficiare della possibilità di continuare l'attività anche in caso di mancata risposta, nei termini di legge, sulla richiesta di primo rilascio dell'AUA.
La domanda è presentata al Suap (Sportello unico per le attività produttive) e deve indicare gli atti per i quali si chiede l'autorizzazione unica ambientale e tutte le informazioni richieste dalle norme di settore.
Entro 30 giorni il Suap verifica la completezza formale della domanda e la trasmette telematicamente all'Autorità competente, cioè la Provincia o l'Ente individuato dalle normative regionali competente ai fini del rilascio, rinnovo o aggiornamento dell'Aua.
Possono essere richieste, solo per una volta, integrazioni e se l'impresa non le fornisce, la domanda si intende ritirata.
Se non vi sono richieste di integrazioni, decorsi 30 giorni, la domanda si intende correttamente presentata.
Il procedimento si svolge in due modalità a seconda che i titoli abilitativi compresi nell'Autorizzazione unica ambientale prevedano un procedimento che si deve chiudere in 90 giorni o superiore a 90 giorni.
• Titoli abilitativi per i quali il procedimento si chiude in 90 giorni
L'Autorità competente adotta il provvedimento entro 90 giorni e lo trasmette allo Sportello unico per le attività produttive (Suap) che rilascia il titolo al soggetto richiedente. Se il Suap lo ritiene può convocare la conferenza dei servizi per raccogliere in un'unica sede tutti gli assensi.
La conferenza dei servizi è sempre convocata nei casi previsti dalla legge 241/1990 (articolo 14, comma 2: "La conferenza di servizi è sempre indetta quando l'Amministrazione procedente deve acquisire intese, concerti, nulla osta o assensi comunque denominati di altre Amministrazioni pubbliche e non li ottenga, entro trenta giorni dalla ricezione, da parte dell'Amministrazione competente, della relativa richiesta"), nonché in tutti quei casi in cui le norme regionali o di settore prevedano per l'acquisizione delle autorizzazioni che rientrano nell'autorizzazione unica ambientale la convocazione di una conferenza dei servizi.
• Titoli abilitativi per i quali il procedimento si chiude dopo 90 giorni
Lo Sportello unico per le attività produttive, entro 30 giorni dalla presentazione della domanda, indice la conferenza dei servizi cui devono partecipare tutte le Amministrazioni coinvolte.
L'Autorità competente emette il provvedimento finale entro 120 giorni, o 150 in caso di richiesta di integrazioni. Le Amministrazioni che esprimono parere positivo possono anche trasmettere gli atti di assenso senza partecipare materialmente alla conferenza dei servizi.
Come previsto dalle regole generali della conferenza dei servizi ex legge 241/1990 (articolo 14 e seguenti), il provvedimento finale esprime le posizioni prevalenti in conferenza (tenendo conto che la prevalenza non è per "capo" ma per "peso").
Tempi certi
Decorsi i termini per emanare il provvedimento senza che l'Autorità abbia provveduto, scattano i poteri sostitutivi. L'impresa può rivolgersi al funzionario preposto a esercitare i poteri sostitutivi — soggetto che deve essere bene indicato dall'Ente e facilmente individuabile — chiedendogli di provvedere a chiudere il procedimento. Egli deve concluderlo entro la metà dei tempi previsti originariamente.
Il modello
Con decreto ministeriale sarà emanato un modello semplificato e unificato di domanda di Autorizzazione unica ambientale. Fino ad allora si può comunque presentare la domanda allegando tutti gli atti previsti dalle norme di settore in relazione ai provvedimenti ambientali di cui si chiede il rilascio, il rinnovo o l'aggiornamento.
Costi
Il soggetto interessato sopporta i costi delle spese e dei diritti connessi ai provvedimenti compresi nell'Autorizzazione unica ambientale. Possono essere aggiunti ulteriori oneri istruttori, ma il totale dei costi non deve superare quanto complessivamente si pagava prima per i vari titoli abilitativi sostituiti dall'AUA.
Durata, rinnovo e autocontrollo
L'autorizzazione unica ambientale dura 15 anni dal suo rilascio. Il rinnovo va chiesto 6 mesi prima della scadenza.
In caso di scarichi contenenti sostanze pericolose (articolo 108, Dlgs 152/2006) gli interessati devono presentare ogni 4 anni una comunicazione contenente gli esiti dell'attività di autocontrollo dell'Autorità competente, che può procedere all'aggiornamento delle condizioni autorizzative se dalla comunicazione emerga che l'inquinamento dell'impianto è tale da renderle necessarie.
Modifiche
Se il gestore dell'impianto deve effettuare una modifica non sostanziale, ne dà comunicazione all'Autorità competente che si esprime in merito entro 60 giorni. Se non lo fa, il gestore può operare la modifica.
Se la modifica è ritenuta sostanziale, è necessario presentare una nuova domanda di Autorizzazione unica ambientale.
Autorizzazione alle emissioni: snellimenti burocratici
Il Capo III del Dpr 59/2013 composto del solo articolo 7, non si ocupa dell'AUA ma si dedica espressamente alle emissioni in atmosfera.
Le imprese o i gestori degli impianti possono, ricorrendone i presupposti, chiedere l'autorizzazione generale alle emissioni in atmosfera ai sensi dell'articolo 272, comma 2, Dlgs 152/2006 presentando istanza al Suap (Sportello unico attività produttive).
Nelle more dell'emanazione delle suddette autorizzazioni generali, per gli stabilimenti in cui sono presenti impianti di cui all'allegato IV, Parte Quinta del Dlgs 152/2006 (cosiddetti "impianti in deroga") sono adottate le autorizzazioni generali riportate nell'allegato I al Dpr 59/2013 in parola.
Le imprese e i gestori degli impianti in parola comunicano al Suap l'adesione alle autorizzazioni individuate dall'allegato I, che definisce il contenuto delle autorizzazioni generali per ognuna delle tipologie di impianti e attività richiamate nella parte II dell’allegato IV alla Parte Quinta del Dlgs 152/2006.
Le ragioni di questo intervento cercano di ovviare ad alcuni ritardi nell'applicazione del citato articolo 272, comma 2, da parte di alcune Regioni, che non hanno ancora provveduto ad emanare le autorizzazioni di carattere generale, che rappresentano un importante strumento di semplificazione. Il Dpr 59/2013 prevede pertanto che l'allegato I trovi applicazione in ciascuna Regione fino all'adozione della pertinente disciplina regionale.
É attivo inoltre un servizio di consulenza telefonica gratuita dedicata ai nostri clienti.
CONSULENZA Regolamento Europeo sulla Privacy 2016/679 GDPR
a partire dal 25 maggio 2018 il GDPR, ovvero, il
General Data Protection Regulation, cambia le normative nazionali in materia di
privacy, andando a modificare la gestione del trattamento dei dati personali da
parte di aziende ed enti pubblici.
Questo nuovo regolamento europeo in fatto di privacy è
stato necessario in quanto la rivoluzione tecnologica, l’utilizzo di big data e
dei trattamenti automatizzati, non rispettano i principi generali della vita
privata e familiare di ogni individuo, si ritiene che la protezione dei dati
personali attualmente non sia sufficiente, per cui si è sentita l’esigenza di
intervenire con delle nuove direttive.
Il testo definitivo del nuovo Regolamento Europeo sulla Privacy 2016/679 è stato pubblicato in Gazzetta
Ufficiale il 4 maggio 2016, con entrata in vigore 20 giorni dopo tale data.
Dal 25 maggio 2018 deve essere garantito un perfetto
allineamento con le disposizioni fornite dal GDPR e il regolamento europeo per
la protezione dei dati personali va a sostituire la Direttiva 95/46/EC sulla
Protezione dei Dati, risalente al 1995.
Questa nuova legge tiene conto dei repentini
cambiamenti avvenuti nel mondo digitale e va inoltre a unificare le leggi
europee a riguardo, con il preciso obiettivo di far salvo il diritto a essere
in pieno controllo delle informazioni che ci riguardano.
Il regolamento è composto da 99 articoli tutti volti a
dare maggiore controllo ai cittadini dei loro dati personali, e chiarire le
responsabilità in caso di violazioni della privacy.
Inoltre, il GDPR istituisce alcuni principi
fondamentali molto discussi recentemente: il diritto all’oblio (gli utenti
possono chiedere di rimuovere informazioni a proprio riguardo per sempre), la
portabilità dei dati (si possono cioè scaricare e trasferire dati da una
piattaforma all’altra, senza vincolarsi a un certo account) e l’obbligo di
notifica in caso di data breach (le aziende, se subiscono fughe di informazioni
sensibili, devono comunicarlo agli utenti di cui hanno i dati entro 72 ore)
Il Titolare ed il Responsabile del trattamento dei
dati che non risulteranno conformi al nuovo regolamento saranno soggetti a
sanzioni pesanti che potranno arrivare fino a 20 milioni di euro o il 4% del
fatturato annuo totale.
Il regime
sanzionatorio: a partire dal 25
maggio il nostro Codice ha lasciato il posto al nuovo Regolamento Europeo 679 ed
alle nuove sanzioni di seguito riepilogate:
1)
sanzioni fino a
10 milioni di euro o, per le imprese fino al 2% del fatturato mondiale totale
annuo dell’esercizio precedente, se superiore, ad esempio per: violazioni in
termini di: informativa da rendere con linguaggio semplificato rilasciata ai
minori di 14 anni in occasione dell’offerta diretta di servizi della società
dell’informazione, sui trattamenti svolti per l’esecuzione di un compito di
interesse pubblico che presentano rischi elevati;
2)
fino a 20 milioni
o, per le imprese fino al 4% del fatturato mondiale totale annuo dell’esercizio
precedente, se superiore, ad esempio per: trattamenti svolti per l’esecuzione
di un compito di interesse pubblico o connesso all’esercizio di pubblici
poteri; raccolta del consenso prestato dai minori di 14 anni in occasione
dell’offerta diretta di servizi della società dell’informazione; trattamento di
particolari categorie di dati per motivi di interesse pubblico rilevante;
procedure di accesso fisico e logico ai dati genetici, biometrici o relativi
alla salute; trattamenti di dati relativi a condanne penali e reati; diritti
delle persone decedute; diffusione di provvedimenti giudiziari contenenti dati
personali; trattamento di dati sanitari; dati personali degli studenti;
trattamenti a fini statistici e di ricerca scientifica; trattamenti nell’ambito
di lavoro; assicurazioni; servizi di comunicazione elettronica; misure di
garanzia, delle regole deontologiche trattamenti svolti in ambito giudiziario.
Queste sanzioni potrebbero colpire economicamente le
aziende ma si ripercuoteranno negativamente anche sull’immagine, perché
verranno giudicate inaffidabili, incapaci di proteggere i dati delle persone
fisiche e giuridiche, di conseguenza potrebbero avere una perdita importante.
Chi è obbligato?
Il GDPR non
interessa soltanto le aziende che trattano dati riservati, ad esempio quelle
che operano nel settore sanitario o finanziario, ma tutte quelle che trattano
dati personali, ovvero la maggior parte delle aziende di oggi.
Cosa significa dati personali?
I dati che permettono
l’identificazione diretta di una persona fisica – come i dati anagrafici (ad
esempio: nome e cognome, le immagini, ecc.) – e i dati che permettono
l’identificazione indiretta, come un numero di identificazione (ad esempio, il
codice fiscale, l’indirizzo IP, il numero di targa)
Particolari categorie di dati personali sono:
Particolari categorie di dati personali sono:
§ i dati sensibili (che rivelano l’origine razziale
od etnica, le convinzioni religiose, filosofiche, le opinioni politiche,
l’appartenenza sindacale, relativi alla salute, alla vita o all’orientamento
sessuale, i dati genetici e i dati biometrici intesi ad identificare in modo
univoco una persona fisica)
§ e i dati giudiziari (relativi alle condanne
penali e ai reati o a connesse misure di sicurezza)
Cosa significa trattamento dei dati personali?
Ogni utilizzo di un dato personale,
dalla raccolta, all’archiviazione, alla divulgazione ecc.
Cosa bisogna
fare in pratica?
Bisogna valutare in maniera preventiva quelli che sono
gli impatti di rischio e le relative misure tecniche di protezione, secondo
quanto dichiarato dal Privacy Impact Assessment.
L’obiettivo è quello della Privacy by Design, vale a
dire tutelare i dati personali sin dalla progettazione del proprio prodotto o
servizio.
Bisogna inoltre predisporre un registro delle
operazioni di raccolta dei dati all’interno del quale viene spiegato, in
maniera semplice:
- Le finalità del trattamento dei dati
- I soggetti interessati
- Le categorie di dati personali trattati
- Gli eventuali trasferimenti di dati all’estero
- La durata della conservazione
- Il livello di rischio
E’ necessario quindi predisporre una documentazione
interna, ovvero delle linee guida scritte da condividere con dipendenti,
collaboratori e fornitori, all’interno delle quali dovranno essere scritte
quali sono le misure di sicurezza da adottare, come e quali dati trattare, le
indicazioni delle responsabilità e dei tempi di risposte in caso di richiesta
(sia se il fornitore/responsabile del trattamento ha un data breach, e nel caso
in cui l’utente chieda la rettifica o la cancellazione dei suoi dati).
La Econsult fornisce consulenza completa per tutti gli
adempimenti GDPR.